(da Linkiesta.it del 14 Marzo 2016 Francesco Cancellato)-Altro che Salerno-Reggio Calabria: qualcuno salvi l’Italia dalla Brebemi- 2,4 miliardi. È quanto lo Stato dovrà
metterci se il progetto continuerà a produrre perdite, come è accaduto ancora
nel 2015: non male per l’autostrada «interamente finanziata dai privati» che
doveva cambiare faccia alla Lombardia- Ricordate la Brebemi? Forse vale la pena di rinfrescare un po' la memoria. Ricordate la Brebemi? Perché l'autostrada che avrebbe dovuto cambiare faccia alla
Lombardia torna a far parlare di sé, per almeno due buoni
motivi.
Il primo: partirà nel giro di un paio di mesi, pare, il
peduncolo che la unirà con l'A4. Il secondo: pare che la perdita d'esercizio per il 2015
sarà di 69 milioni di euro, il doppio circa rispetto al 2014. Cosa che rende necessaria una ciambella
di salvataggio da parte del Governo e di Regione Lombardia. Per la precisione,
320 milioni di euro da qui al 2029.
Qualche
passo indietro per capire cosa sta succedendo è obbligatorio, però. Che
qualcosa non funzionasse si capiva già dal nome con cui era stata battezzata:
perché chiamare Brebemi un’autostrada (il cui senso era per l'appunto quello di
andare da Brescia a Milano, saltando di netto Bergamo), da cui invece passava
l'A4? Misteri. Anzi, quisquilie. Perché non c'era tempo da perdere coi nomi,
mentre la Lombardia era strozzata da unaviabilità medievale, da cui
solo la nuova autostrada l'avrebbe evidentemente liberata.
Che
poi, in fondo, era pure vero: la storica autostrada “Serenissima” era
praticamente un ingorgo perenne, fino a che non fu deciso di aggiungere una quarta corsia. Era il 2007, se non ricordiamo male.
Problema risolto? Forse. Ma diamine, la Brebemi s’aveva comunque da fare.
Perché la Lombardia aveva bisogno di nuove strade per correre e in quei
ruggenti primi anni duemila non ci si poteva permettere di frenare la
modernizzazione.
E poi quell’autostrada era
«interamente finanziata dai privati». Interamente, capito? 700 milioni di
cocuzze senza oneri per i contribuenti. Miracoli del project financing e delle
“vacche grasse” dei primi anni duemila. Capofila del progetto, peraltro, era
proprio Autostrade per l’Italia, a sua volte concessionaria dell’A4. Si sarebbe
fatta concorrenza da sola? Forse, ma cosa importa, di fronte alla prospettiva
di far volare la Lombardia senza che la politica ci mettesse il becco?
Che
poi, in realtà, la politica ce l’ha messo, il becco. Perché le sei corsie
d'asfalto e modernità passano dai comuni. E i Comuni - senza soldi e con una
discreta prospettiva di fare cassa - hanno colto la palla al balzo per mettersi
di traverso. Barricate? No, perché la “Lombardia che produce” è munifica e non
dice no a nessuno: finanzia piste ciclabili, viabilità accessoria,
rotonde floreali e tutte le possibili “opere di compensazione” che vi vengono
in mente. Tutti sono felici e contenti, ma il costo lievita meglio del pan di spagna della nonna: dai 700
milioni iniziali si passa, a torta finita, a un miliardo e seicentomila euro. Ad Autostrade per l’Italia fanno due
conti, capiscono che gli costa di meno fare la quarta corsia sull’A4 e fanno un
bel ciaone a tutti gli altri «privati».
A
subentrare è un altro concessionario autostradale, l'Astm di Marcellino Gavio, che ottiene un allungamento della
concessione fino al 2039, e una banca, Intesa San Paolo, che insieme a tutte le
altre grandi banche italiane, aveva già entusiasticamente aderito al progetto.
I bancari però, che non sono gli ultimi fessi, sanno fare i conti e la puzza di
bruciato la conoscono bene. Così impongono ai privati e al Ministero dei
Trasporti un paio di correzioni alla convezione. La prima: se il banco salta,
lo Stato copre il buco con una bella fideiussione. La seconda: il tasso
d’interesse passa da 3,59 a 8,90. Che va bene la modernizzazione, l'autostrada
dei privati e la Lombardia che deve correre, ma a tutto c'è un limite.
Gli altri partner di progetto,
accettano entusiasti, che tanto, mal che vada, paga Pantalone. La politica un po' meno. Ma a chi alza
il ditino, come il senatore Brutti, arrivano le bacchettate sulle falangi:
«Vada a spiegare perché l’autostrada non si può fare ai lavoratori che ogni
mattina si muovono dalle valli del Bergamasco e del Bresciano per andare a
lavorare a Milano», gli risponde piccato Antonio Di Pietro, già ministro ai
Lavori Pubblici, quando la commissione Lavori pubblici di Palazzo Madama dà
parere negativo sulla nuova convenzione.
«Se lo stato non ci aiuta, noi gli lasciamo
l'autostrada e ci deve 2,4 miliardi», afferma Francesco Bettoni, che da
presidente della Camera di Commercio di Brescia e di Unioncamere Lombardia era
stato il vero regista dell’operazione, anche quando sembrava che il progetto
sfidasse ogni logica
Così
si va avanti, nonostante la crisi - con susseguente rallentamento dell’economia
e dei volumi di traffico - renda un po' meno necessaria l’opera. Tant'è, però: il 23 luglio 2014 la Brebemi
viene inaugurata,
alla presenza del presidente del Consiglio Matteo Renzi e del presidente di
Regione Lombardia Roberto Maroni: «Ci sono voluti 5 anni per costruirla e 13 per superare la burocrazia,
non potrà più accadere», tuona Renzi, a cui evidentemente non passa nemmeno
per l’anticamera del cervello che c’è pure qualche problemino che prescinde
dalla burocrazia. «Ora il Governo sblocchi la defiscalizzazione (che vale circa
500 milioni all’anno, ndr)», gli risponde Maroni, che evidentemente ha più
chiara la questione di fondo. In ogni caso, alle agenzie si consegna la notizia
che finalmente il cuore industriale d’Italia ha la sua autostrada, attraversata
da 60mila veicoli al giorno, si dice.
Già,
ma quei veicoli sono un po' di meno. Un po' perché c'è la crisi, un po' perché
la Brebemi inizia a 20 chilometri da Milano e finisce a 18 chilometri da
Brescia. All’inizio, i dati sul traffico parlano di 11mila veicoli al
giorno. Da quando apre la Tangenziale Esterna
Est Milano (Teem), che perlomeno collega la Brebemi al capoluogo, i volumi si
alzano fino ad arrivare a 15-20mila. Il record venerdì 4 marzo scorso - 25mila
accessi - ma solo perché uno scontro tra due camion ha provocato una coda di
sette chilometri sull'A4, che continua ad avere un traffico cinque volte
superiore.
In
ogni caso, l'investimento fa fatica a stare in piedi: il prezzo del pedaggio,
nonostante gli sconti, è molto più alto di quello della A4. E di distributori
di benzina, a un anno e mezzo dall’inaugurazione, nemmeno l'ombra. Non
bastasse, ci sono pure gli agricoltori sul piede di guerra per
gli espropri non pagati. Risultato?
Nel 2014 lo sbilancio di gestione è di circa 35 milioni di euro. Nel 2015 è
pari al doppio. E intanto ogni anno ci sono 100 milioni di interessi da pagare
alle banche.
Banche
che, nel frattempo, cominciano a prepararsi il terreno per salutare la
compagnia. Già il 23 luglio 2014, nel giorno dell’inaugurazione, il presidente
del consiglio di gestione di Banca Intesa Gian Maria Gros Pietro afferma
candidamente che «stiamo già pensando a
un'exit». Anche gli altri privati cominciano ad accarezzare l'idea,
a dire il vero: «Se lo stato non ci aiuta, noi gli lasciamo l'autostrada e ci deve
2,4 miliardi»,
afferma Francesco Bettoni, che da presidente della Camera di Commercio di
Brescia e di Unioncamere Lombardia era stato il vero regista dell’operazione,
anche quando sembrava che il progetto sfidasse ogni logica. E lo Stato risponde
al richiamo: il 6 agosto scorso il ministro dei trasporti Delrio fa inserire in
legge di Stabilità uno stanziamento di 260 milioni di euro, cui se ne
aggiungono sessanta di Regione Lombardia.
Noccioline,
se si pensa che il default dell’autostrada costerebbe al governo 2,4 miliardi.
Ed è per questo che Delrio e Maroni sono tanto generosi e attenti al destino di
questa lingua d'asfalto. Ad esempio: pare che Autostrade per l’Italia chiederà un ragionevole
indennizzo - si parla di 500 milioni di euro - per la perdita dell'esclusiva
sulla direttrice Milano-Brescia, successiva all'apertura del collegamento
tra Brebemi e A4. Che fa il governo, quindi? Pensa a una legge che dica che
interconnettere le autostrade è interesse generale. E che quindi, nessun
indennizzo è ammissibile.
Indennizzo
che però ci sarà nel momento in cui Brebemi passerà allo Stato. Che dovrà
cedere ai concessionari - Intesa, Gavio e compagnia - una mancia finale di 1,2
miliardi di euro. Non male, davvero. La prossima volta che non ci toccherà scucire nemmeno un Euro
magari avvertiteci, ok?
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